Stefano Lo Presti

La stazione di Milazzo deve fiorire , intanto il Bar della stazione rimane chiuso

Il bar della stazione rimane chiuso con grave danno all’immagine della città ed enorme disagi per i viaggiatori

Eppure con le novità rappresentata dall’introduzione delle tecnologie che vedono meno personale ferroviario nelle stazioni medio-piccole frutto dell’evoluzione tecnologica della rete ferroviaria, rappresentata in particolare dall’introduzione, a partire dal 1980, del sistema Ctc (Controllo Traffico Centralizzato).

Questo sistema , se da un lato consente di poter regolare la circolazione dei treni e di gestire tutte le operazioni tecniche connesse, svolte normalmente in ogni stazione ubicata sulla linea ferroviaria dagli addetti al movimento da un unico posto operativo che sovrintende tratte di linea e comanda tali operazioni (aprire e chiudere i segnali, predisporre itinerari e instradamenti, comandare i passaggi a livello...) a distanza, senza l’ausilio della presenza del personale in loco,compresi gli avvisi ai viaggiatori in stazione comandati a distanza mediante messaggi registrati. ha rappresentato per i viaggiatori un piccolo shock culturale che non è stato ancora del tutto assorbito e interiorizzato nel nostro paese.

Sicuramente la stazione di Milazzo è ancora presenziata. In generale si tratta di un aspetto legato alla percezione collettiva del luogo “stazione”, ancora largamente identificato solo e soltanto come spazio di transito e sosta dei treni, di pertinenza esclusiva dei ferrovieri.

Le stazioni invece devono rifiorire come un auspicio.

Il processo avviato dalle Ferrovie dello Stato a partire dalla metà degli anni Novanta, con la cessione in locazione o comodato d’uso gratuito a enti locali, privati e associazioni non profit di numerose stazioni impresenziate, ovvero quelle in cui non opera più personale ferroviario addetto alla circolazione dei treni e ai servizi commerciali, deve essere considerato, infatti, ancora in fieri, e in molti casi comincia solo ora a dare i frutti sperati.

Questa ricerca, promossa e coordinata dal Dipartimento delle Politiche Sociali delle Ferrovie dello Stato Spa in collaborazione con l’agenzia d’informazione Redattore Sociale, ha concentrato la sua attenzione sugli impianti ferroviari impresenziati la cui gestione è stata affidata a enti locali e associazioni esclusivamente per scopi sociali, turistici o culturali. Attraverso una f serie di sopralluoghi sul campo e la raccolta di informazioni , si è cercato di descrivere quale sia stato o quale sarà il destino riservato a centinaia di queste stazioni.

Va precisato, che alcune stazioni sono sicuramente sfuggite alle maglie di questo studio, sebbene avessero tutti i requisiti per esservi incluse. Come è già stato sottolineato, infatti, la situazione delle stazioni impresenziate è in continua evoluzione e molti dei contatti avviati tra Ferrovie e soggetti pubblici o privati si sono probabilmente concretizzati solo per alcune strutture

Le stazioni impresenziate costituiscono, allo stesso tempo, un problema e un’opportunità. Un problema perché le stazioni rimaste prive del personale ferroviario risultano spesso scomode, sgradevoli e insicure per i passeggeri, oltre a imporre alle Ferrovie costi notevoli per la manutenzione ordinaria e straordinaria. Un’opportunità perché queste strutture in molti casi si prestano a un uso sociale potenzialmente molto interessante per le amministrazioni locali e le varie realtà dell’associazionismo. Da questa consapevolezza è nato in seno alle Ferrovie un programma stazioni impresenziate, che consiste nell’affidare le strutture disponibili alla gestione in comodato d’uso gratuito, e talvolta in locazione, di enti locali e associazioni non profit, chiedendo loro in cambio l’impegno a mantenere lo stabile pulito e funzionante.

Stefano Lo Presti