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Visita della Cittadella fortificata:
Quartiere degli Spagnoli Sec. XVI, Chiesa e convento di S. Francesco di Paola Sec. XV - XV’, Chiesa di S. Rocco Sec. XVI, Chiesa dell’immacolata Sec. XVII, Palazzo del Viceré Sec. XVI - XVIII, Chiesa di S. Gaetano Sec. XV - XVIII, Chiesa SS. Salvatore o Badia Sec. XVII - XVIII, Chiesa e Convento Domenicano del Rosario Sec. XVI, Chiesa di S. Giuseppe Sec. XVI, Chiesa e Convento dei Cappuccini Sec. XVI, Duomo antico Sec. XVII, Palazzo dei Giocati Sec. XV, Mastio Svevo Sec. XI - XIII, Cinta Aragonese Sec. XV, Cinta Spagnola Sec. XVI - XVII.

Per gli amanti del mare e della natura:
Vi è un altro modo per conoscere il promontorio e godere delle sue bellezze: circumnavigarlo! L'itinerario proposto prende l'avvio dalla Spiaggia di Vaccarella, zona di pescatori, caratterizzata dalle barche allineate lungo la riva e dalle reti stese al sole. Appena salpati, uno sguardo indietro per ammirare l'antico borgo e la città murata. Si passa davanti la spiaggia "Croce del Mare", forse la località di balneazione più antica per i milazzesi, contraddistinta da una Madonnina posta su uno scoglio. Continuando si giunge alla verde contrada dell'Oliva, sovrastata dalla "Torre del Corvo" del XVI secolo, trasformata nell'800 dagli Inglesi.
Lasciata "Cala Oliva" si incontra la "Cala del Pepe" dove fino a non molto tempo fa vi era una tonnara e si arriva quindi a "Punta Rugno" dominata dall'alto da Villa Rizzo, che è stata la residenza dell'ammiraglio Luigi Rizzo, il pluridecorato eroe della prima guerra mondiale. Il posto ha un particolare valore affettivo per tutti i milazzesi che passando tutt'oggi rivolgono un saluto ed un pensiero al "loro Ammiraglio".

Spostandosi poi verso "Punta Trifiletti" è possibile osservare la "Grotta dell'Oro", così denominata nel ricordo di un antico episodio. Sembra infatti che il luogo, durante la guerra del 1718 tra tedeschi e spagnoli sia stato utilizzato come rifugio da alcuni sostenitori spagnoli. La leggenda riferisce addirittura che gli stessi siano riusciti a fuggire dalla grotta sfruttando la superstizione popolare che riteneva che un mostro marino la abitasse e corrompendo con monete d'oro (da cui il nome della grotta) gli armigeri austro-piemontesi inviati per catturarli. Superata "Punta Rotolo" è tutto un susseguirsi di cale e spiagge, non tutte facilmente raggiungibili da terra. La prima di queste è la "Baia Paradiso", che deve il proprio nome da un'effigie della "Madonna del Paradiso" conservata nella Cappella privata di Villa Bonaccorsi che sovrasta la stessa Baia. Qui il fondale, visibile anche dall'alto presenta un fondo sabbioso e ricco di praterie di posidonie. S'incontrano più avanti i villaggi turistici Riva Smeralda e Cirucco. Doppiata "Punta Mazza" si apre la "Baia della Renella", caratterizzata da un'incantevole spiaggia di sabbia bianca da un lato e dallo stupendo scenario delle Isole Eolie dall'altro. Qui è la "Secca di Levante" con acque limpide e ricche di vita. All'estremità del promontorio, sopra una balza a picco sul mare, detta Salto del Cavallo, il Faro di Capo Milazzo.

Merita di essere segnalata la cosiddetta "Tavola di Baele", legata ad un antico aneddoto secondo il quale un barone milazzese pranzò li con altri commensali durante la bassa marea, lasciando in balia delle onde i piatti e le posate d'argento. In prossimità della "Punta Messinese" (estrema Punta del promontorio), si apre una piccola grotta denominata "Gamba di donna", dalla forma di una selce che dal tetto si immerge nell'acqua.Un breve tratto ancora e si aprono le piscine di "Punta Messinese", fronteggiate dallo "Scoglio della Portella" (o "Carciofo"). Suggestivo, tra l'altro, l'attraversamento del corridoio di mare tra la punta e lo scoglio del "Carciofo", consigliabile però solo ad imbarcazioni di piccolo pescaggio.

A circa un miglio dalla Punta si trova la "Secca di Ponente" con un fondo variabile dai 10 mt. ai 50 mt. Interessanti squarci fotografici vengono offerti da questa secca, luogo designato, tra l'altro, per lo svolgimento dei Campionati italiani e mondiali di fotografia subacquea. Vi si trovano pareti a strapiombo ricche di anfratti ed archi, dove è facile incontrare l'Anthias (pesce tipico dei mari tropicali) ed il famoso "Corallo nero del Mediterraneo".

La "Baia di Sant'Antonio" è, senza dubbio la più grande ed incantevole del promontorio. Eccezionale, e consigliabile, la visita al tramonto. La Baia è caratterizzata dai resti di una vecchia torre di avvistamento; dal suggestivo "Santuario di Sant'Antonio da Padova", del XIII sec., ricavato in una grotta. Sopra "Monte Trino", il punto panoramico più alto del promontorio e che sovrasta l'intera penisola, un'antica chiesetta sorge sul luogo, dove la leggenda ci tramanda l'esistenza di un tempio pagano dedicato a Diana, Apollo ed Osiride. Sulla costa, in corrispondenza di "Monte Trino", vi è lo scoglio noto per la macabra esposizione delle teste degli impiccati.

Un ultimo tratto di costa per raggiungere, infine, la "Baia del Tono" (localmente indicata come "Ngonia", etimo d'origine greca ad indicare la spiaggetta "nascosta" o posta al riparo da venti e marosi), punto di arrivo del nostro itinerario. Meritano qui essere segnalati: la "chiesetta dei pescatori"; l'antica grande tonnara oggi adibita a residence; il Castello con le sue fortificazioni ed, in basso, la mitica "Grotta di Polifemo". Da qui si snoda la bella riviera di Ponente caratterizzata da chilometri di profondo arenile.

1° percorso: Salita Monte Trino
E' consigliabile procedere a piedi dopo aver lasciato la macchina o eventuali altri mezzi in prossimità dell'incrocio della salita Monte Trino con via Trinità.Il percorso, della durata di circa 20 minuti, permette ben presto di ammirare uno dei panorami più belli della Sicilia, specialmente in cima al monte: a nord la punta di Capo

Milazzo incorniciata dalle sette Isole Eolie; a sud la costa siciliana con le catene montuose dei Peloritani e dei Nebrodi, da Capo Rasocolmo a Capo Calavà e Capo d'Orlando, con l'imponente mole dell'Etna quasi sempre innevata; ad est il golfo di Milazzo e ad ovest il golfo di Patti. I pendii di Monte Trino, come quasi tutto il Capo, sono stati terrazzati ed adibiti ad uliveto. E' possibile osservarne di molto antichi, dalle chiome basse per l'esposizione ai venti e dai tronchi ruvidi e contorti coperti alla base da fitti cespugli di "selvatico".

Altra pianta secolare è il Carrubo (Ceratonia siliqua) coltivato fra gli ulivi e spontaneo, assieme all'oleastro, sulla scarpata rocciosa poco distante; questa associazione vegetale costituisce il climax dell'Oleoceratonion, quello che in botanica è lo studio di massima evoluzione di un tipo di vegetazione mediterranea delle aree più calde (Italia meridionale, Sicilia, Sardegna).
Il versante nord orientale di Monte Trino è certamente il più impressionante per quanto riguarda la vegetazione spontanea. Gli scalatori di media abilità, attraverso vari sentieri, possono inoltrarsi in una boscaglia che ha ripreso a svilupparsi fra gli ulivi abbandonati negli ultimi decenni.
In questo tipo di vegetazione, che un tempo doveva coprire gran parte del promontorio, troviamo olmi campestri vanescenti (Ulmus minor), biancospini (Crataegus media), mirti (Myrtus communis), intrecci di asparago, smilace e rosa di S. Giovanni (Rosa sempervirens) e felci soprattutto ai piedi del monte, dove spiccano le chiome di un folto gruppo di roverelle (Quercus Virgiliana), querce normalmente diffuse nella foresta decidua, ad altitudini superiori.
Fra gli animali è possibile incontrare, ricordiamo il coniglio selvatico, il riccio, il cardellino, il merlo ed altri passeriformi, come il pettirosso che qui è svernante; non è difficile scorgere i volteggi del falco pellegrino, che nidifica da queste parti, sugli strapiombi rocciosi che dominano la scogliera.

2° percorso: La Baronia
Dalla piazzetta S. Antonio, dopo aver inevitabilmente ammirato il panorama della baia omonima sottostante, ci si incammina verso nord-ovest, attraversando interamente un ulivo pianeggiante fino allo strapiombo sulla scogliera del versante settentrionale di questa parte del promontorio denominata “Baronia”.Qui, fra cespugli di lentisco e canne, è visibile un sentiero che segue la linea di costa verso est sino a “Punta Mazza”, tappa d’obbligo per l’escursione del naturalista. In questo luogo è particolarmente chiara l’origine geologica di Capo Milazzo. Infatti, è possibile osservare le rocce e la stratificazione dei sedimenti marini emersi molti milioni di anni fa: ne sono testimonianza i fossili di conchiglie e coralli. A “Punta Mazza” e, soprattutto lungo la scarpata rocciosa che da una parte scende ripida sull’arenile di Rinella e dall’altra più dolcemente sulla spiaggia di Cirucco, la vegetazione ha subito, meno che negli altri luoghi, gli effetti dell’attività umana.Così è possibile ammirare una rigogliosa macchia di lentischi, eriche, caprifogli, ginestre, e sulle rocce, euforbie ed addirittura alcune specie di orchidea selvatica, fra cui la afride bruna (Ophrys sphegodes sbsp. panormitana), endemica della Sicilia settentrionale. Fra gli animali sono l’usignolo, il verzellino, la capinera e, anche qui, il coniglio selvatico, che è possibile osservare da lontano, all’ingresso delle tane e dei cunicoli che scava indisturbato lungo i dirupi impraticabili.Riprendendo il sentiero e proseguendo nella direzione opposta, alla fine dell’uliveto si scorge un’altura rocciosa, su cui scorge l’antico faro, tuttora funzionante ed importante per la navigazione; lo si può raggiungere con una scalinata che ha accesso dal versante meridionale della rupe. Dalla cima, dove il panorama è sicuramente suggestivo, è possibile scorgere nel periodo delle migrazioni, il transito di stormi di numerose specie di uccelli, fra cui l’airone cenerino (ardea cinerea), che a volte sosta per qualche giorno lungo le spiagge di Capo Milazzo; nidificante sulle rocce sottostanti, è invece il gheppio (falco tinnuculus), ed in primavera è assai facile individuarlo, per i suoi volteggi e per le sue improvvise picchiate sulla preda.Discesi dal faro si prosegue verso ovest, verso il punto su cui il promontorio si restringe e finisce in mezzo al mare. Lungo il sentiero che da un’altitudine di 60 metri circa porta rapidamente alla scogliera, la vegetazione è ora costituita da gariga e da steppa, in cui risale la presenza di alcuni ulivi selvatici (olea oleaster), pochi mirti e lentischi ed in cui predomina un manto erboso con numerose piante bulbose, tra cui l’Urginea marittima e l’Iris sisyrinchium; sul suolo roccioso dei declivi sono il timo e il cappero. Alla fine del sentiero, tra fichidindia e cespugli di euforbia, c’è il mare: è “Punta Messinese”, con lo scoglio della “portella”.Tra queste rocce è possibile vedere svolazzare il granchio corallino ed il martin pescatore; ma la sola bellezza del luogo basta a premiare la fatica della camminata. Tra le forme più strane della bianca roccia domina, in alto, un imponente “viso di pietra” e, quando il sole lo tinge di rosso prima di scomparire nel mare al tramonto, lo scenario diventa difficile da dimenticare.

3° percorso: Belvedere - Manica - Monte Trino
È sicuramente il più panoramico fra i percorsi del promontorio di Milazzo.Ha inizio presso il Belvedere di contrada Addolorata e attraverso l’omonima stradina pedonale e il sentiero della Manica giunge alle pendici di monte Trino offrendo scenari di grande suggestione.
Il tempo di percorrenza è calcolato mediamente in un’ora. Al Belvedere è possibile lasciare il proprio mezzo ed incamminarsi.
Lasciandosi alle spalle l’austera mole della Torre Bonaccorsi (sec. XVI) si giunge ben presto alle cosiddette “funtaneddi”. Si tratta di vere e proprie sorgenti dove per secoli i “capiciani” (abitanti di Capo Milazzo) hanno attinto acqua potabile e dove oggi è ancora possibile osservare antiche cisterne, antichi lavori e una seppur modesta quantità d’acqua sgorgare.
Proseguendo fra uliveti, fichidindia e ginestre, si giunge alla via Manica che è una piccola strada rotabile molto panoramica da percorrere fino alla cosiddetta “casa rossa”, antica e tipica casa colonica, dove sostare è d’obbligo: vi si gode un panorama veramente incantevole!
In questo punto inizia il sentiero che porta a Monte Trino e con delle scarpe da trekking è possibile percorrerlo completamente senza grandi difficoltà.
E ne vale proprio la pena! In questa parte del Promontorio il paesaggio, la vegetazione, la conformazione del suolo assumono dei caratteri molto forti e quando ad un certo punto il sentiero granchio corallino ed il martin pescatore; ma la sola bellezza del luogo basta a premiare la fatica della camminata. Tra le forme più strane della bianca roccia domina, in alto, un imponente “viso di pietra” e, quando il sole lo tinge di rosso prima di scomparire nel mare al tramonto, lo scenario diventa difficile da dimenticare.Vedrete da una parte le forti pendenze della roccia, ricoperta da spinosi fichidindia, che poi strapiomba sulla scogliera, e dall’altra, più in alto, forme più dolci, costituite da grandi armacie (muri a secco) e da chiome d’ulivo sagomate dal vento.
Vi troverete allora fra “u’nfennu” e “u paradiso” (l’inferno e il paradiso) e sarà facile comprendere la ragione di questi toponimi ancora in uso tra i nativi di contrada Manica.
Con un po’ di fortuna, potrete scorgere le picchiate e i volteggi del falco pellegrino (Falco peregrinus) che nidifica sulle pareti rocciose, il gheppio, il coniglio selvatico, il riccio o la donnola e fare importanti osservazioni anche sulla flora: il raro cardo-pallottola vischioso (Echinops spinosissimus) inserito nella Lista Rossa delle specie a rischio di estinzione, il garofano rupicolo (Dianthus rupicola), la vedovina delle scogliere (Scabiosa cretica).
Prima che il sentiero confluisca nella stradina rotabile che porta in cima a Monte Trino, nel punto in cui si allontana dalle scarpate scoscese, si addolcisce e si affianca all’uliveto coltivato, è possibile imboccare un altro piccolo sentiero detto delle “gottazze” che porta giù alla scogliera omonima.
Qui, all’inizio dell’estate, è possibile ammirare la fioritura del Limonio di Milazzo (Limonium minutiflorum ), piccola pianta endemica di Capo Milazzo e di alcune località eoliane, nonché le altre specie della vegetazione alofila.


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